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Alla sua morte, Zenone non aveva figli. L’opzion

Alla sua morte, Zenone non aveva figli. L’opzione del fratello Longino non sarebbe stata accettabile: nuove sommosse all’ippodromo chiedevano un “romano”, dunque la moglie di Zenone, Ariadne, sposò un membro della corte, Anastasio, rendendolo il nuovo imperatore. In breve tempo Longino venne esiliato in Egitto, ma altri esponenti isaurici non potevano essere rimossi così facilmente. L’anno seguente, il governatore dell’Isauria, Lilingis, Conon, ex-vescovo di Apamea, un altro Longino, di Cardala, l’ex-magister officiorum di Zenone, e un terzo Longino, di Selinunte, mossero la loro terra in rivolta contro il nuovo imperatore. I due protagonisti dal lato di Anastasio furono Giovanni lo Scita, il magister militum per Orientem, e Giovanni il Gobbo, magister militum praesentalis, uno dei due generali d’alto grado dell’impero d’Oriente. Lo Scita era già stato responsabile della soppressione della rivolta di Illo, ed entrambi i generali avevano abbastanza truppe leali da poter sedare anche questa minaccia: nello stesso anno in cui avevano impugnato le armi, Lilingis e Longino di Cardala vennero sconfitti a Kotyaion, in Frigia, e il primo morì poco dopo, mentre il secondo riuscì a fuggire. L’anno seguente restanti forze isauriche riuscirono a intrappolare un generale romano nella città di Claudiopoli, in Cappadocia, assediandola con la guida di Conon. Giovanni il Gobbo, però, intervenne in tempo, e un attacco combinato con una sortita sbaragliò gli assedianti: la rivolta perse un’altra guida. La ritirata nei monti e gli sforzi di Longino di Selinunte, che inviava rifornimenti attraverso il porto di Antiochia in Isauria, ritardarono l’inevitabile. Nel 497, Longino di Cardala venne catturato e la sua testa venne inviata a Costantinopoli. L’anno successivo, invece, Longino di Selinunte venne catturato vivo e spedito alla capitale: dopo una sfilata umiliante tra le strade della città, venne giustiziato a Nicea. La guerra isaurica era conclusa e Anastasio poteva finalmente confermare la sua legittimità. L’Isauria sarebbe rimasta in silenzio per due secoli, fino all’ascesa del nativo Leonzio al trono imperiale e, successivamente, della dinastia isaurica.

#arsmilitaris

➡️ Eccoci finalmente con il primo incontro del

➡️ Eccoci finalmente con il primo incontro dell'anno, in una nuova chiave! ⬅️

Il nostro ospite è il dottor Francesco De Gaetano, dell'Università La Sapienza di Roma. Ha conseguito la laurea triennale all'Università statale di Pisa con una tesi sul confronto tra il sistema militare romano e quello ellenistico, poi la specialistica di Orientalistica nello stesso ateneo con una tesi egittologica sul sistema militare egiziano tra Primo e Secondo Periodo Intermedio. Dal 2018 è dottorando alla Sapienza con un progetto di ricerca volto a documentare archeologicamente, socialmente e storicamente la classe militare egiziana nella prima metà del II millennio a.C.

L'incontro avverrà in diretta sulla nostra pagina facebook, vi aspettiamo numerosi!

#arsmilitaris #storiaantica #egittoantico #egitto #etàdelbronzo #hyksos #storiamilitare

Leone il Trace salì al trono dell’Impero Romano

Leone il Trace salì al trono dell’Impero Romano d’Oriente nel 457 grazie all’azione del comandante alano Aspar, che dominava la politica di Costantinopoli da più di un trentennio assieme alla truppe gote. Per liberarsi di questa presenza scomoda, Leone doveva trovare un nuovo alleato: emerse presto dall’emergente presenza isaurica in città nella figura di Zenone, o Tarasikodissa nella sua lingua. Grazie al suo sostegno, Aspar venne eliminato nel 471 e Zenone sposò la figlia dell’imperatore. Leone I morì 3 anni dopo e il trono passò al cognato. Gli Isaurici, abitanti di una regione montuosa dell’Anatolia meridionale tra la Pamfilia e la Licaonia, compivano razzie nelle aree confinanti ed erano considerati dei barbari dalla popolazione di Costantinopoli, dunque Zenone di certo non trovò grande supporto. Un anno prima dell’incoronazione era scoppiata una sommossa all’ippodromo per eliminare la presenza isaurica, e nel 475 Zenone cadde in un complotto escogitato da un suo conterraneo, Illo, un magister militum. Egli agì a favore dell’usurpatore Basilisco perché, in ottica romana, riteneva Zenone incapace, o forse per diventare un nuovo Aspar, dando dunque il trono a un non-barbaro per controllarlo dall’ombra. In meno di due anni però, Zenone ritornò imperatore con il sostegno dello stesso Illo, che si era reso conto dell’inadeguatezza della sua pedina. L’imperatore regnò per altri 15 anni, anche se Illo tentò nuovamente di spodestarlo nell’484, sostenendo Marciano, che era stato già stato bloccato dallo stesso magister militum nel 479, per poi persuadere il generale inviato contro di lui, il siriano Leonzio, a diventare il nuovo pretendente. Il conflitto poteva avere anche una chiave religiosa, visto che erano entrambi calcedonesi, mentre Zenone in quello stesso anno aveva promulgato l’Editto d’Unione, un tentativo di risolvere i dibattiti cristologici che però non accontentava nessuno degli schieramenti. Nonostante questo, la ribellione ebbe poco seguito e venne sbaragliata nei pressi di Antiochia. Nel 488, Leonzio e Illo, fuggiti in Cilicia, vennero catturati e decapitati. Tre anni dopo, alla morte di Zenone, il futuro degli Isaurici a Costantinopoli era incerto.

Combattuta nel 1709, la Battaglia di Poltava ha ro

Combattuta nel 1709, la Battaglia di Poltava ha rovesciato le sorti della Guerra del Nord (1700-1721) a favore dei russi. Dopo le vittorie sulla Danimarca-Norvegia (1700) e sulla Polonia-Sassonia (1706), il re svedese Carlo XII decise di attaccare il suo ultimo nemico, lo Zar Pietro il Grande. L'idea iniziale era un attacco diretto su Mosca con 60.000 uomini, ma i russi, per prendere tempo e per evitare un attacco diretto alla città, decisero di bruciare tutto quello che sarebbe potuto essere utile nella strada verso Mosca, facendo di fatto terra bruciata, e costringendo dunque gli svedesi a scendere verso sud, in Ucraina. Passarono svariati mesi e arrivò l'inverno del 1708: il freddo, unito agli attacchi rapidi dell'esercito russo, ridussero il numero dei soldati Svedesi a poco meno di 30.000 uomini. I russi riunirono le loro forze nella città di Poltava in Ucraina, che stava venendo assediata dagli svedesi. Durante una perlustrazione, Carlo XII fu colpito da un proiettile russo alla gamba e fu costretto a cedere il comando al Maresciallo Rehnskiöld e al Generale Lewenhaupt. Nella notte dell'8 luglio 1709, 20.000 soldati Svedesi si ritrovarono ad affrontare un esercito russo in netta superiorità numerica: fu il caos. In poco tempo, vari plotoni Svedesi furono sopraffatti e Carlo XII riuscì a scappare solamente all'ultimo. L'11 luglio 1709, il Generale Lewenhaupt si arrese insieme a ciò che restava delle truppe Svedesi mentre Carlo XII riuscì a superare il fiume Dnieper per raggiungere l'Impero Ottomano, dove passò cinque anni in esilio.

Nel 976, Hasan (o Rukn al-Dawla), il signore delle

Nel 976, Hasan (o Rukn al-Dawla), il signore delle terre buyidi, morì. Panah-haçrau e suo cugino Bakhtiyar iniziarono un’aspra lotta di successione. Legittimato dal matrimonio con una figlia del califfo di Baghdad, Bakhtiyar avanzò nell’Iran sudoccidentale, ma venne sconfitto e ricacciato in Iraq. Alla fine gli fu concesso l’esilio in Siria, ma approfittò del sostegno hamdanide per rinnovare il conflitto. La ripresa durò poco: la sua coalizione venne sbaragliata nei pressi di Samarra, probabilmente lo scontro a cui si riferisce Giovanni. Bakhtiyar venne condannato a morte, mentre l’emiro hamdanide Abu Taghlib fuggì in terra bizantina in cerca di aiuto a seguito della caduta di Mosul. La sua richiesta non trovò risposta, però, poiché l’impero era spezzato dalla ribellione anatolica del generale Bardas Skleros contro il giovane imperatore Basilio II. Consolidato il fronte occidentale, Panah-haçrau poté porre ordine ai suoi domini orientali, debellando anche una ribellione di truppe turche. Nel 980, Bardas Skleros, sconfitto dalle forze lealiste, cercò rifugio presso i Buyidi, proponendo un’alleanza contro Basilio II: Panah-haçrau, che si decorava ormai del titolo di Shahanshah (Re dei Re), lo ospitò a Baghdad, rifiutando di restituirlo all’impero: sarebbe stato un utile tassello per la sua futura offensiva contro i territori bizantini. Questa operazione militare non si avverò mai, però, poiché nel 982 venne firmata una pace decennale con Costantinopoli, probabilmente a causa dello stato di salute del sovrano buyide, il quale morì l’anno seguente, poco tempo dopo la riconferma del trattato. Si concluse così l’età dell’oro dei Buyidi, con lo scoppio di una nuova guerra civile tra i successori di Panah-haçrau. In questi eventi si possono trovare i primi segni di un ulteriore cambiamento: Basilio II e l’espansionismo bizantino ad oriente, che avverrà nei decenni seguenti, ma soprattutto la ribellione dei mercenari turchi, una delle tante avvenute nella compagine iranica, che preannunciava l’emergere dei Ghaznavidi in Afghanistan e della dirompente campagna dei Selgiuchidi dai domini samanidi fino alla corte abbaside di Baghdad, togliendola ai Buyidi.

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La narrazione di Giovanni continua: “Durante i

La narrazione di Giovanni continua:
“Durante i quattro anni che precedettero la venuta del persiano – ossia il Dailamita – che si chiamava Panah-haçrau, Rabban Guseppe si lamentava spesso ad alta voce [...] il re venne in queste contrade, alla fine dell’anno 367 degli arabi. E le tempeste e le calamità cominciarono ad abbattersi sugli uomini. [...] Un anno e quattro mesi dopo l’arrivo di questo re, Rabban Giuseppe se ne andò verso il suo Signore, così come aveva chiesto, per non vedere la devastazione dei monasteri e delle chiese, né la dispersione dei fratelli e dei fedeli. Dopo la sua morte i Kartaveni ed i Ta’aliens regnarono in queste contrade e devastarono i conventi, i monasteri ed i villaggi. [...] Tutto il paese di Dasen fu devastato; gli uomini furono dispersi e circa cinquemila persone furono massacrate dai Kartaveni [...]”
Poco dopo fa qualche passo indietro rispetto al momento della morte del maestro:
“Quando il re di Persia [...] entrò in questo paese, il re di Mosul scese a combatterlo. Mio fratello, che gli era vicino, andò con lui. [...] Alcuni giorni dopo, mi giunse la brutta notizia che mio fratello era caduto nel combattimento [...]”
Cerchiamo di ordinare le informazioni forniteci. Si parla di un “Dailamita”, ossia di un nativo del Daylam, un’area montuosa dell’Iran nord-occidentale rimasta autonoma dal dominio arabo. Il nome attribuito a costui è Panah-haçrau, noto nel mondo arabo anche come Adud al-Dawla, emiro della dinastia persiana dei Buyidi. La sua invasione viene datata all’anno “367 degli arabi”, ossia il 989, ma Giovanni ha sbagliato il calcolo di poco più di 10 anni, poiché è avvenuta nel 977-8. I Kartaveni e i Ta’aliens, invece, erano tribù curde dei pressi di Mosul, sulla quale regnava l’emiro Abu Taghlib, della dinastia degli Hamdanidi, i quali controllavano anche la città di Aleppo. Nel 977, dunque, queste potenze regionali stavano assistendo – e partecipando – a un mutamento geopolitico che avrebbe stravolto gli equilibri locali e non nel giro di 80 anni; e Giovanni – e a sua volta Giuseppe - se ne rendeva perfettamente conto, mentre si trovava in mezzo alla tempesta del cambiamento.

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