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Quaderni di Ars Militaris – Numero 2 Settembre 2020

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Nel corso della rivoluzione Taiping, che tra il 18 Nel corso della rivoluzione Taiping, che tra il 1850 e il 1864 portò a milioni di morti nella Cina dei Qing, emersero numerose spinte regionalistiche. Nella remota provincia sud-occidentale dello Yunnan, importante per i suoi depositi minerari, convivevano etnie diverse, tra cui Han e Hui, molti di fede musulmana. Le tensioni etniche e politiche si espressero principalmente dall’alto verso il basso, ad esempio con un massacro compiuto da soldati qing contro gli Hui nel 1845. Questo fu uno dei tanti semi che portarono nel 1856 allo scatenarsi di una ribellione su larga scala: un ufficiale manciù fece uccidere numerosi musulmani a seguito della soppressione di una rivolta; tutte le componenti etniche e sociali dello Yunnan occidentale si unirono, formando un regno indipendente. Il loro leader era un uomo di etnia Han convertitosi all’Islam, Sulayman ibn ‘Abd ar-Rahman, o Du Wenxiu. Egli, con la cattura della città di Dali, divenne il Sultano del Pingnan Guo, lo Stato Meridionale Pacificato. Oltre alla promozione della lingua araba e dell’Islam, Du Wenxiu sostenne una campagna anti-Manciù che unificasse gli interessi dei vari gruppi etnici: l’obiettivo finale sarebbe stato la cacciata dei “barbari” e la restaurazione di un governo centrale Han. Per questo, Du Wenxiu cercò il supporto ufficiale della comunità Hui e dei suoi esponenti, tra cui Ma Rulong. Questa alleanza non durò a lungo, però, poiché nel 1862 questo passò allo schieramento qing, plausibilmente per convenienza politica, ma anche per le differenze religiose tra le varie scuole islamiche interne allo Yunnan. Nonostante questa defezione, i successi continuarono fino alla fine del decennio, quando il governo di Beijing, sconfitti i rivoluzionari, riuscì ad organizzare delle operazioni sistematiche nel sud-ovest del paese. Con il supporto di artiglieri francesi, le truppe qing riuscirono a giungere alle mura di Dali nel 1872, mentre Du Wenxiu attendeva notizie di suo figlio, Hassan, che era giunto a Londra per chiedere il riconoscimento e supporto britannici: tuttavia, la regina Vittoria rifiutò. Dali cadde nel gennaio 1873, e in breve tempo avvenne lo stesso per i residui della rivolta.
Le poleis greche dell’Asia Minore furono assogge Le poleis greche dell’Asia Minore furono assoggettate dall’Impero Persiano intorno al 546 a.C. e, a partire dal 521 a.C., ebbero l’obbligo di fornire uomini e navi per le imprese del Gran Re. A capo di Mileto, una delle principali città greche dell’area, governata dal tiranno Aristagora, aristocratico locale imposto dai Persiani, sostituto ad interim del cugino Istieo, allora consigliere presso la corte di Dario I. Nel 500 a.C. Aristagora propose al satrapo Artaferne di Sardi di attaccare la ricca isola di Nasso, allora la più prospera dell’Egeo, sfruttando gli scontri interni all’aristocrazia della comunità isolana. La spedizione fu organizzata minuziosamente ma, nonostante la cura nei preparativi, fallì a causa dei dissidi sorti tra Aristagora e il comandante affiancatogli da Artaferne. Il tiranno fece allora ritorno a Mileto nel 499 a.C., e, temendo l’ira di Dario I, sobillò alla rivolta le poleis della Ionia e dell’Eolide. Aristagora si recò inoltre in Grecia per ottenere il supporto dalle città della madrepatria, ma al suo appello accorsero solamente Atene ed Eretria, le quali inviarono dei contingenti armati e delle imbarcazioni. Le forze ribelli avanzarono fino a Sardi, sede della satrapia persiana in Lidia, saccheggiandola, senza però sconfiggere la guarnigione rifugiatasi nell’acropoli, la quale reagì all’attacco sbaragliando le forze greche e costringendole alla ritirata. Il sacco di Sardi rappresentò l’acme della rivolta delle poleis ioniche ed eoliche, le quali, dopo i primi successi, dovettero subire l’iniziativa persiana. Fu infatti la mancanza di una salda guida a decretare il fallimento dell’insurrezione: Aristagora fu infatti ucciso tra il 497 e il 496 a.C. in Tracia, mentre il cugino Istieo, schieratosi sin da subito con gli insorti, iniziò a compiere azioni di pirateria nel Bosforo. Le città della Ionia e dell’Eolide caddero dunque una dopo l’altra, e la stessa Mileto venne conquistata da Dario I nel 494 a.C., il quale ordinò la deportazione della popolazione. La ribellione si concluse l’anno seguente, nel 493 a.C., quando Istieo, l’ultimo grande protagonista dell’insurrezione, fu catturato da Artaferne e decapitato.
Asceso al trono di Costantinopoli, Teofilo (r.829- Asceso al trono di Costantinopoli, Teofilo (r.829-842), ultimo imperatore iconoclasta, aspirava a rinnovare i fasti della dinastia isaurica allo scopo di corroborare le sue posizioni teologiche. Perciò nell’837, radunato un possente esercito, superò il Tauro e si impadronì di Sozopetra, ricca città araba nel Commagene. Tornato a Costantinopoli celebrò il trionfo ed intensificò la caccia agli iconoduli. La risposta del califfo Al-Mu’tasim arrivò l’anno successivo. Questi si spinse nel cuore dell’Anatolia con l’obiettivo di saccheggiare una delle più floride e fortificate città romane, Amorio, culla della dinastia regnante e capitale del tema degli Anatolici. L’esercito di Teofilo fu sconfitto a Dazimon eTeofilo sfuggì di poco la cattura. Amorio era circondata da un ampio fossato, da mura con ben 44 torri di guardia e protetta da una considerevole guarnigione comandata dal generale Ezio. Sia assedianti sia assediati disponevano di macchine d’assedio. Apparentemente, l’attacco avrebbe potuto protrarsi per mesi ma, una notte, un prigioniero arabo disertore consigliò ad Al-Mu’tasim di attaccare con tutte le forze una sezione delle mura recentemente danneggiata dalla pioggia e solo superficialmente riparata. In breve tempo fu aperta una piccola breccia, ma servirono comunque giorni prima che gli assedianti riuscissero ad allargarla e a piegare i difensori. Ezio cominciò allora a mandare una serie di ambasciatori per offrire la resa di Amorio in cambio dell’evacuazione dei suoi abitanti e della guarnigione, ma il califfo rifiutò. Alla fine, gli Arabi penetrarono, dandosi al saccheggio. Il Teofane Continuato menziona 70.000 decessi e migliaia di cittadini ridotti in schiavitù e distribuiti tra i soldati e i comandanti. Ezio fu giustiziato subito, mentre gli altri ufficiali e gli ecclesiastici furono imprigionati. Lungo la marcia di ritorno verso le Porte Cilicie, molti prigionieri furono giustiziati perché non più in grado di continuare da soli il percorso. Alcuni magnati bizantini, solo dopo anni di prigionia, furono uccisi per essersi rifiutati di convertirsi all’Islam: sono tuttora celebrati e ricordati dalla Chiesa ortodossa come i 45 Martiri di Amorio.
Dopo la disastrosa esperienza della guerra a due t Dopo la disastrosa esperienza della guerra a due tempi del 1848 e 1849, furono avviate due commissioni d’inchiesta per stabilirne le cause: la prima, del 1848, indagò gli aspetti militari, mentre la seconda, dal 1849 al 1850, indagò la correlazione tra Stato e apparati militari. La crisi venne poi analizzata circa l’organica e il morale. Secondo i rapporti, il soldato aveva dimostrato le migliori qualità: i problemi di truppa erano dovuti piuttosto ai volontari, accusati di “eccessiva fidanza di sé stessi”, e alla loro contagiosa indisciplina. Ma come giustificare la qualità militare con gli insuccessi? Per la prima fase della guerra (1848) il principale difetto era stato l’eccessiva “timidezza” dei soldati, per la presenza di coscritti accanto ai soldati d’ordinanza: questi seguivano un periodo di leva di soli 14 mesi. Secondo molti rapporti, furono queste leve “ammorbidite” a mutare la ritirata di Custoza in rotta. La contraddizione di natura organica dell’esercito sabaudo stava nel puntare in guerra sui coscritti e in tempo di pace su forze di caserma. Le considerazioni di Ferdinando di Savoia si distinguono per la loro qualità: l’esercito doveva essere basato sulla qualità, non sulla quantità, prolungando la ferma e la formazione, integrando i volontari nei reparti per creare spirito di corpo e disciplina; divergendo dalle interpretazioni delle commissioni d’inchiesta, non riteneva i coscritti elementi antimilitari inaffidabili, sostenendo che invece erano essenziali in caso di guerra. Il problema sarebbe stato piuttosto degli ufficiali e del loro piano di guerra troppo difensivo. La causa del disastro militare della campagna del ’49 fu invece responsabilità dei democratici, tesi tutta da dimostrare: la svolta politica del ’48 aveva instillato nei soldati principi irreligiosi, troppo liberali, smorzando l’idea di sacrificio, di patria e di famiglia, gli elementi del più sano “principio di religione”. In sintesi, Ferdinando di Savoia recuperava gli aspetti positivi della stagione risorgimentale, inserendo l’esercito piccolo ma eccellente nel progetto di una mobilitazione borghese che gli altri interlocutori si guardavano bene dal prendere in considerazione.
Durante l’occupazione nazista della Norvegia ven Durante l’occupazione nazista della Norvegia vennero effettuate una serie di azioni delle forze norvegesi addestrate e coordinate dal S.O.E. (Special Operations Executive) britannico per sabotare la centrale idroelettrica di Vemork, nel Telemark, dalla quale i nazisti stavano ricavando l’acqua pesante (acqua con un isotopo di idrogeno più pesante, il deuterio). Inizialmente, lo scopo della centrale era fissare l’azoto per la creazione di fertilizzanti tramite l’utilizzo di acqua pesante. Quest’ultima era utile anche come regolatore nel processo di creazione del plutonio, con il quale i tedeschi pensavano di realizzare le loro armi atomiche. I britannici e i norvegesi pianificarono diverse missioni sia per l’acquisizione di dati, sia per l’effettivo sabotaggio dell’impianto: la prima fu l’Operazione Grouse del 18 ottobre 1942, che prevedeva il lancio tramite paracadute di quattro agenti norvegesi presso l’altopiano di Hardanger a ovest di Vemork, con lo scopo di acquisire contatti con la resistenza locale, informazioni sulla struttura ed individuare un possibile punto di atterraggio per i sabotatori; seguì il 19 novembre l’Operazione Freshman, un totale fallimento; infine, l'Operazione Gunnerside del 16 febbraio 1943: altri sei membri delle forze speciali norvegesi vennero paracadutati da un bombardiere britannico presso il medesimo altopiano e si riunirono con i quattro compagni della prima operazione in direzione della centrale, verso est. Nella notte tra il 28 febbraio e il 1° marzo 1943, i dieci uomini si infiltrarono nella centrale, piazzando gli esplosivi alla nitrocellulosa nei condensatori e facendo saltare una parte dell'impianto. I risultati furono la perdita di circa 500 kg di acqua pesante e la quasi totale distruzione di una sezione della centrale. Tutti i sabotatori riuscirono a fuggire e la missione causò ritardi significativi nel programma tedesco, che tuttavia non si fermò. Il 20 febbraio 1944 un attacco della resistenza norvegese affondò il traghetto Hydro, che stava trasportando in Germania una grande quantità di acqua pesante, la quale avrebbe altrimenti permesso ai nazisti di realizzare il plutonio necessario per un ordigno atomico.
I rapporti tra Roma e la Britannia si intensificar I rapporti tra Roma e la Britannia si intensificarono sempre più a partire dalle operazioni militari di Cesare del 55-54 a.C.: la ricchezza mineraria dell’isola era di particolare attrattiva per la potenza mediterranea. Per quasi un secolo, però, Roma non riuscì ad effettuare ulteriori spedizioni sull’isola, ma l’influenza politica sulle varie fazioni britanniche era evidente. Fu proprio uno squilibrio tra le tribù locali che portò il casus belli tanto cercato da Roma per un’ulteriore campagna militare: l’ascesa del re dei Catuvellauni, Cunobelino, contro i Trinovanti e, soprattutto, contro gli Atrebati, che avevano relazioni amichevoli con Roma, causò l’espulsione del capo di questi ultimi, Verica. Egli richiese l’intervento romano, e, nel 40 d.C., Caligola pose i preparativi per l’invasione, che si sarebbe realizzata 3 anni dopo, sotto il regno di Claudio, con il comando del senatore Aulo Plauzio. I numeri della spedizione non sono certi: l’unica legione di cui abbiamo notizie certe è la Legio II Augusta, sotto il comando del legato Vespasiano, il futuro imperatore. Dopo che Carataco e Togodumno, i figli di Cunobelino, vennero sconfitti nell’attuale Kent, i Britanni usarono saggiamente il territorio a loro favore, cercando di fermare i Romani presso diversi fiumi, ma, secondo Cassio Dione, i Germani al servizio della spedizione riuscirono ad attraversare i corsi d’acqua senza l’aiuto di ponti, sorprendendo i Britanni, che avevano abbassato la guardia. Sconfitto nuovamente e ucciso Togodumno presso il Tamigi, cadde la capitale dei Catuvellauni, Camulodunum, e divenne una base legionaria. A seguito di questi successi, Vespasiano e la Legio II Augusta intrapresero delle operazioni a sud-ovest, verso gli attuali Cornwall e Somerset, zone ricche di risorse minerarie. Le campagne successive, con direttiva ovest, come quella del governatore Publio Ostorio Scapula, portarono alla definitiva caduta politica di Carataco, l’ultimo figlio di Cunobelino. Lo stabilimento romano in Britannia era ormai sufficientemente consolidata, con le basi di Camulodunum e Lindum, ma i malumori delle tribù locali sfociarono con la rivolta degli Iceni del 60-61.
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